26/01/09

Come passo le giornate?

Mi viene spesso rivolta questa domanda! Questa mattina dovrebbe arrivare in monastero un piccolo trattorino-tagliaerba. Siamo un po' tutte in attesa di fare la sua conoscenza e lo sono particolarmente io, che ho sempre tagliato l'erba con il solo decespugliatore. Da tempo avevamo pensato di acquistarlo ma un po' di pregiudizi e di paura aveva frenato il suo arrivo in monastero. Forse sembrerà strano, ma le giornate in monastero passano in fretta e quando si avvicina la primavera la voglia di vedere i prati e i giardini in ordine e ben curati è talmente grande che non ti rendi nemmeno conto del lavoro che ci vuole per ottenere un risultato almeno gradevole se non perfetto. Ma quello di cui ti rendi conto subito sono gli anni che hai e le forze che cominciano a diminuire! Quando qualcuno viene a trovarci ci dicono che ...siamo sempre giovani! E' un bel complimento che accettiamo volentieri non solo perché siamo donne, ma perché senza creme di bellezza e diete particolari, ci basta avere il volto incorniciato nel nostro soggolo per farci dare 20 anni di meno! Ma quando si tratta di lavorare è inutile far sconti: quello che si faceva a 2o anni non si fa più a 50! Cambia però solo il modo di lavorare e i mezzi, non cambia certo il fatto che la mia giornata non è fatta solo di tempi di preghiera, ma anche di lavoro. In monastero non c'è un tempo sindacale, 5-4 o 8 ore di lavoro! C'è una vita che vivi ritmata da esigenze importanti che ti accompagnano quotidianamente: non finisce la preghiera quando vai in cucina o a pulire degli ambienti, perché quando sei in rapporto di amicizia con qualcuno non occorre stare insieme tutti i minuti del giorno per sentirsi più amici. Lo si è e basta! Allora a chi mi chiede come passo la mia giornata posso dirgli che mi alzo presto come tantissimi operai che vanno in fabbrica a lavorare all'alba e passo almeno le prime ore della mia giornata a pregare e poi continuo a farlo nel lavoro o nel servizio che la comunità mi chiede o che la carità mi fa scoprire. Non è importante però sapere che taglio l'erba o che faccio la sacrestana, lavando, stirando come una qualsiasi mamma di questo mondo, è importante forse sapere per chi e perché lo faccio. La scelta della vita contemplativa è da sempre vissuta come la scoperta di una dimensione fondamentale della vita dell'uomo: posso fare qualsiasi cosa, dalla più piccola alla più grande spinta da una motivazione o posso farla solo per necessità o per istinto. Se la mia giornata ha un perché e un senso è perché camminando su questa strada ho visto un orizzonte davanti a me e mi sono sentita attratta dalla voglia di raggiungerlo! Oggi ci sentiamo attratti da tante cose ma quelle che sono capaci di darti la serenità dentro sono poche. In fondo la ricetta è semplice: seguire il bene, volere il bene, costruire il bene, condividere il bene significa avere un Bene dentro che nessuno ci potrà mai togliere. La mia giornata? La passo cercando il Bene per me e per gli altri, non importa come o quanto, quello che è importante per me è non fermarmi sulla strada, ma guardare l'orizzonte. Ciao!

15/01/09

Continuiamo la festa!

"Signore, facci vivere la nostra vita non come un gioco di scacchi in cui ogni mossa è calcolata, ma come una partita in cui tutto è difficile,
non come un teorema che ci fa rompere la testa, ma come una festa senza fine in cui si rinnova l'incontro con Te,
fa che sia come un ballo, come una danza,
tra le braccia della tua Grazia, nella musica universale dell'Amore.
Signore, vieni ad invitarci!". Madeleine Delbrel
A volte nella vita non sappiamo che strada prendere, vorremo seguire un percorso, ma ci sono tanti ma e tanti se, vorremo fidarci di qualcuno, ma abbiamo avuto tante delusioni e non riusciamo a farlo, vorremo provare a cambiare, ma in fondo stiamo meglio come siamo sempre stati piuttosto che affrontare la paura di una svolta. Signore, vieni ad invitarci a vivere la nostra vita e a metterla nelle tue mani.

03/01/09

Epifania...tutte le feste porta via???

Mi ha sempre colpito questo proverbio perché l'ho sempre sentito come una presa in giro di chi fino a quel momento ha cercato di vivere , chi più chi meno, in diversi modi, nei giorni del tempo del Natale, un momento di serenità e gioia. Se una festa è capace di portare via tutto ciò che l'ha preceduta, non è una festa ma una grande tristezza. E se è vero che si spengono le luci e i colori, che finiscono le euforie dei cenoni e dei concerti, io non posso assolutamente pensare che quel bisogno di festa che ogni uomo porta nel cuore possa essere spazzato via dal volta pagina del calendario o dalla fine delle ferie o vacanze che siano. In questi giorni la tristezza ha attanagliato il cuore di tanti di noi nel vedere o nel sentire le bombe sulla striscia di Gaza, ma quel sussulto di umanità che Papa Ratzinger ha chiesto al mondo di avere è diventato per ogni uomo di buona volontà un singhiozzo e un dolore profondo. Credo che anche nella vita della persona più indifferente la tragedia di una guerra non consenta di chiudere gli occhi e le orecchie davanti alle centinaia di uomini e donne e bambini che non hanno nemmeno il tempo di alzare gli occhi al cielo.
Ricordo da bambina la mia festa dell'Epifania come un momento bellissimo, ricco di doni, poveri, semplici, ma enormemente grandi agli occhi miei e dei miei fratelli, ricordo la festa nell'oratorio salesiano e le corse con i sacchi, ricordo la notte di un anno quando io e mio fratello ci siamo alzati nel cuore della notte per giocare nel salotto con la nostra prima ed unica bicicletta , ricordo la tombola giocata a suon di noccioline e di mandarini con i nostri nonni! No, la festa non finiva quel giorno, la festa continuava grazie al clima del Natale appena trascorso quando si riusciva a fare un primo passo verso il perdono delle inevitabili beghe di famiglia che durante l'anno e a volte per anni e anni avevano amareggiato piccoli o grandi, quando si riusciva a pensare a chi stava peggio di noi e si condivideva anche il carbone , quando si sentiva l'esigenza di stare insieme non davanti alla televisione ma davanti al profumo di certi dolci che solo in quei giorni vedevi sbucare fuori dagli armadi accompagnati da qualche bottiglia conservata per le belle occasioni. E si cantava!
In monastero nei giorni che seguono il Natale, le monache (credo che sia così per tutti gli ordini religiosi) , cantano la sera le canzoncine antiche del natale, davanti al presepio, quelle che una volta si cantavano per le strade o nelle chiese di paese. Quelle che ci sono state tramandate da secoli, sempre le stesse e che magari oggi fanno anche un po' sorridere per la loro strana poesia, ma che avevano ed hanno il magico potere di custodire nel cuore il più profondo bisogno di pace che l'uomo vive nel suo cuore.
Non lasciamo che nessun proverbio e meno che meno nessun problema ci porti via dal cuore questo bisogno e per quanto ci è possibile costruiamo ancora giorni di festa per noi e per gli altri. Le tragedie di chi perde una persona cara nel modo più infame possibile o di chi perde un lavoro o di chi conta i giorni e i minuti sopra un letto di sofferenza o di solitudine o di chi sbarra gli occhi davanti ad un carro armato non uccidano mai la nostra speranza e la nostra possibilità di cercare il bene e di detestare il male con tutte le nostre forze. Ciao!