In questi giorni tanti avvenienti mi rimbalzano nella
mente come una moviola dopo una partita di calcio. Il Signore ha chiamato a sé,
tra tanti uomini e donne del mondo, Jean Vanier, fondatore di una comunità
favolosa che si occupa di convivere e assistere tanti uomini e donne portatori
di handicap e non solo, in tutto il mondo e particolarmente in Francia dove è
nata. Fin dagli anni ‘’80 mi ha affascinato e non solo perché nella mia
famiglia vivevo una particolare situazione, ma soprattutto per il suo mettersi
in gioco in prima persona rinunciando ad una vita più che brillante, da laico,
non da monaco o da sacerdote, ma da semplicissimo uomo libero capace di fare della sua vita una vita donata e
condivisa. Ecco, questo è l’aspetto che me lo rendeva affascinante: la libertà
interiore per vivere un servizio al quale sentiva di essere chiamato da una
forza interiore così grande che credo che nemmeno lui sapesse quale sarebbe
stato poi il cammino che avrebbe fatto e quale testimonianza avrebbe dato al
mondo. Quanto è difficile trovare nella
chiesa e nella società questa libertà interiore. In genere tutti la vogliono per sé ma
difficilmente permettono agli altri di averla. Essere liberi è una azione dello
Spirito, è la certezza della presenza del Signore nella tua vita, è avere un
Sogno che si chiama Amore, che si chiama volto umano, che si chiama bisogno
degli altri, di tutti gli altri, comunque siano fatti nel corpo o nello
spirito, del loro colore della pelle o degli occhi, dei loro soldi in tasca o
della loro tenda sotto i ponti, quegli altri che sono quella componente
essenziale del mio essere persona umana e che per tutta la vita mi fa sentire
una incompletezza profonda che in fondo si chiama…Resurrezione. Un cristiano la
chiama così, una monaca la chiama conversione, una mamma di famiglia la chiama
maternità, un non credente forse la chiama più semplicemente ricerca più o meno
scientifica e filosofica con la voglia di vivere tutto il possibile e
l’impossibile attraverso l’uso della ragione. Ma in tutti c’è un comune
denominatore: bisogno di libertà. Quasi che l’essere costretti dentro un corpo
che ha i giorni contatti, più o meno lunghi, ti metta dentro una sete infinita
di qualcosa che nemmeno tu sai definire. Io l’ho chiamata tante volte con tanti
nomi, tante situazioni, tante esperienze personali e comunitarie, ma non è
finita. E’ come un palazzo perennemente
in costruzione; a volte ci sono terremoti che lo buttano a terra o che lasciano
delle lesioni tra le pareti delle stanze, a volte non hai i soldi per pagare
gli operai che ti aiutano a costruirlo e ti devi fermare: ma hai sempre bisogno
di quella Casa, hai bisogno di costruirla, di rimetterla in piedi o di andare
avanti nel progetto di quella costruzione. Questo è il mio Sogno: Risorgere per
finire questa Casa che qualcuno mi ha affidato quando nel Suo pensiero eterno
ha pensato a me e mi ha dato una vita da vivere su questo pianeta. ( continua)
12/05/19
04/05/19
Io non ho finito!
In giorni come questi, leggendo
questa storia che sto vivendo nel
silenzio di queste 4 mura e ascoltando anche tante sollecitazioni che mi
vengono dall'esterno come questo video che tutti conosciamo per questa fiction
che parla della avventura di un gruppo di ragazzi ammalati di tumore , ho pensato
che le riflessioni che via via mi vengono in mente le voglio riordinare
scrivendole ripensando alla mia vita umana, alla mia vita religiosa, alla vita
religiosa di tante persone che mi sono care e alla vita di tante persone che
ogni giorno vedono questo tempo non solo mezzo rotto ma rotto del tutto. Oggi
un giovane sacerdote è volato in cielo, non lo conoscevo, ma ho potuto sentire
attraverso i social il dolore immenso dei suoi confratelli e di quanti gli
hanno voluto bene. Ho vissuto tante volte questo momento nella mia comunità,
nella mia famiglia, attraverso le vicende di tanti amici. So bene che davanti
alla morte c'è solo sgomento, lacrime, silenzio e in fondo, speranza. La nostra
fede ma non solo quella ci aggancia ogni istante al dopo, a quello che sarà, a
quello che desideriamo con tutto il cuore che sia. Credo che anche oggi
nonostante le assurde tragedie familiari, di guerre, di malattie o di
vigliaccherie senza senso, l'unica cosa che resta è questa speranza che
possiamo ancora vivere, donare, costruire insieme. Per questo scrivo.
Quando abbiamo chiuso il monastero sembrava facile per tutti
(tranne per i più nostalgici!) che presto avremo trovato un’altra famiglia,
un'altra comunità, un altro monastero dove continuare la nostra vita quasi come
se nulla fosse stato per 50 o 100 anni o più dentro quelle mura dove tante e
tante persone avevano vissuto, pregato, sofferto e gioito insieme. Ma la realtà
era ed è molto diversa! Come in una famiglia quando per diversi motivi la vita
che per tanti anni si è vissuta insieme cambia così anche per noi: cambiare non
è facile per nessuno anche se nella maggioranza delle persone c'è la
convinzione che le monache si adattano, sono capaci di accettare i cambiamenti,
di continuare ad essere quello che fuori si pensa che siamo: un po’ più sante
dei comuni mortali. Ma non siamo diverse
dagli altri, abbiamo carne ed ossa come tutti, sentimenti e passioni come
tutti, pregi, difetti e peccati come il mondo intero! E no, sante non lo siamo.
Abbiamo solo una cosa forte nel nostro cuore che non sempre tutti hanno: il
desiderio di diventarlo! Lo desideriamo, ci proviamo, lo speriamo, non per la
nostra soddisfazione personale perché solo dopo morte qualcuno forse lo dirà di
noi, ma di certo non ne saremo gratificate, ne in vita ne dopo. Ma lo vogliamo,
questo si, nonostante la fatica, nonostante il fallimento, perché davvero
abbiamo incontrato IL SIGNORE nella nostra vita e vogliamo viverlo, non
possiamo farne a meno, e volere la santità vuole solo dire che vogliamo vivere
la Sua vita, con Lui nella nostra vita, insieme. Quella tomba vuota non è vuota
nel nostro cuore: è condivisa.
A volte è la vita stessa che improvvisamente ti obbliga a
cambiare: cambia la nazione, la casa, il lavoro, lo stato fisico o morale e
anche i sentimenti che credevi fossero delle certezze assolute dentro di
te. Ti succede una tragedia, una persona
cara va prima del previsto in paradiso, ti scoprono un tumore, scoppia una
guerra, arriva un terremoto, una inondazione, cade un aereo o
qualcuno non ha di meglio da fare e compie un atto terroristico e così in pochi
secondi tutto cambia. Ma a volte sei tu che decidi di cambiare. Nella chiesa e
nella vita religiosa si parla di discernimento, di segni dei tempi, di realtà
impossibili da portare avanti come si è sempre pensato e fatto. Per un po’ di
tempo, magari anche per anni, ti trascini nell’illusione che tutto possa ancora
funzionare e intanto che fai discernimento, speri e pensi che magari con un po’
di sacrificio e di preghiera in più si possa ancora andare avanti. Si dicono
tante cose pur di non cambiare oppure te le senti dire dagli altri perché se tu
cambi qualcosa questo non è mai senza conseguenze anche per chi vive con te o
che con te ha condiviso la vita. Ma arriva il momento in cui dici: ora basta,
ora andiamo avanti senza ristagni di sorta nell’acqua ormai finita del tuo
ruscello inaridito. Arriva il momento in
cui tu sei il cambiamento, tu scopri di essere cambiata, tu vuoi cambiare,
costi quel che costi e non c’è più spazio per romanticismi o pscologismi o per
tutti gli ismi del mondo. C’è spazio ancora solo per il Sogno, per un sogno che
è dentro le tue vene, che ti fa ancora scoppiare il cuore e ti fa ballare e
cantare anche a 90 anni.
Cos’è questo Sogno? Quando si parla di sogno scatta subito
in mente il pensiero che chi ha un sogno è un sognatore, un utopista, uno che
non ha i piedi fermi nella realtà quotidiana e vive tra le nuvole illudendosi
con chissà quali fantasie di vivere una vita che ti aliena e ti allontana dall'assumerti
le responsabilità della vita vera di tutti i
giorni.
Ma il Sogno con la s maiuscola non è tutto questo.
Quando ho provato a capire e a realizzare questo Sogno avevo
circa 25 anni. Una raggiunta autonomia economica e personale mi rendeva capace
di osare a guardare fuori dalla finestra del mio quotidiano vivere: esperienze
diverse già appartenevano ad un bagaglio, positivo e negativo, che volente o
nolente mi portavo dietro. Ma non avevo e non ho mai avuto la voglia di
tenermelo stretto come se tutto il mio mondo finisse li e non ci fosse nient’altro
che quello già vissuto da me o dalle persone a me care in famiglia o tra gli
amici. Non ci si può scrollare di dosso il proprio passato, ma si può tenerlo
li, per quel che può servire al momento giusto e che indubbiamente ti ha
insegnato nei giorni della vita sia di bene che di male, ma il passato è
qualcosa di finito, di chiuso, il passato non ha e non ha mai avuto un futuro.
Può essere solo memoria e devi tenerlo presente proprio perché non deve essere
dimenticato. Ma solo il presente ha un
futuro, a volte di pochi istanti altre di anni, ma è futuro, è possibilità di
vita nuova, è capacità di costruire qualcosa, nel cuore prima e poi nella
mente, di ciò che davvero in quel momento è importante per te. Ecco questo è un primo ma non unico aspetto
del Sogno: è un essere attivo e non
passivo, e fare e non stare a guardare, è il vivere una responsabilità in prima
persona che ti fa andare a volte contro tutto e contro tutti con la sola forza
che ti esplode in cuore. ( continua!)
19/04/19
Buona Pasqua!
"Tu stai alla mia porta
Ma se io, Signore, tendo l’orecchio
e imparo a discernere i segni dei tempi,
distintamente odo i segnali
della tua rassicurante presenza alla mia porta.
E quando ti apro e ti accolgo
come ospite gradito nella mia casa,
il tempo che passiamo insieme mi rinfranca." Cardinal Martini
Ma se io, Signore, tendo l’orecchio
e imparo a discernere i segni dei tempi,
distintamente odo i segnali
della tua rassicurante presenza alla mia porta.
E quando ti apro e ti accolgo
come ospite gradito nella mia casa,
il tempo che passiamo insieme mi rinfranca." Cardinal Martini
non mi è mai piaciuto copiare le parole altrui per esprimere i miei sentimenti, ma devo confessare che queste parole mi hanno particolarmente colpito in questi giorni di attesa e di celebrazione della S. Pasqua e allora ho voluto condividerle come mio augurio con chiunque mi conosce o che il Signore ha messo nel cammino della mia vita. In questi giorni ascoltando Papa Francesco in un discorso che faceva a dei giovani mi ha colpito come lui riesce spesso a parlare un linguaggio che, giovani e meno giovani, capiscono al volo. Chiedeva a loro di digiunare dal cellulare perché il telefonino e le email hanno ucciso la comunicazione. Mandiamo messaggini veloci e così ci rendiamo presenti e ci sentiamo sicuri di essere in relazione con gli altri. Ma la relazione è altra cosa. Per me, per la realtà che stiamo vivendo quest'anno, non è facile comunicare, ma una cosa è certa: la relazione, anche per me, va molto al di là della mail o dei messaggini uguali per tutti che possiamo inviarci. Per questo cerco di raggiungervi con questi auguri. Perché siete tutti importanti per me e vi porto nel mio cuore sempre. Vorrei che La Sua Resurrezione vi possa far sentire non solo oggi ma ogni istante della vostra vita la sua rassicurante presenza alla porta del vostro cuore.
Auguri di cuore a tutti voi che per caso o per affetto nei miei confronti passate di qui!
sr.Maria Carmen della Resurrezione ocd
26/03/19
Cristo Vive: quaresima e resurrezione in cammino con i giovani!
PapaFrancesco: "C’è bisogno di persone semplici e sapienti, umili e coraggiose, povere e generose. Insomma, persone che, alla scuola di Maria, accolgono senza riserve il Vangelo nella propria vita".
Con queste parole ieri il Papa ha affidato ai giovani la sua esortazione post.sinodale. Mi entusiasma e affascina sempre vedere tanti giovani, esplodere di gioia nel manifestare la loro appartenenza a Cristo e alla Chiesa, come ieri a Loreto o nelle GMG o nella quotidianità di alcune nostre parrocchie che in questo tempo ho la gioia e la grazia di rivisitare dopo più di 35 anni di vita claustrale. Mi coinvolgono anche senza essere tra loro perché la loro giovinezza rende viva la mia che non è più anagrafica ma è stampata col ferro nel mio cuore. Quando ero giovane (anagraficamente parlando!) c'erano delle parole che accompagnavano il nostro cammino cristiano e umano, parole che il Concilio Vaticano II aveva fatto esplodere nelle nostre chiese, nei nostri gruppi ecclesiali e che aveva messo ali al nostro cuore, alla nostra sete di Dio. semplicità povertà, umiltà, generosità. condivisione, voglio di essere veri e senza riserve nell'accogliere il Vangelo nella nostra vita. Avevamo dei maestri in quel tempo, più o meno contestati agli alti vertici, ma sentiti da noi giovani come guide forti a sostegno delle nostre paure, dei nostri sbagli, delle nostre confusioni, delle nostre lotte, dei nostri tentativi di vivere una fede che diventava nostra, non più quella che ci era stata trasmessa dai nostri genitori o dai nostri catechisti e sacerdoti del tempo, ma dallo Spirito che illuminava ogni giorno e ogni anno di più la nostra vita e quella della società in cui vivevamo.Persone come Carretto, Davide Maria Turoldo, Madre Teresa di Calcuta, Cardinal Martini o il Vescovo Tonino, l'esperienza di vita missionaria di quanti partivano, senza cellulari o computer, davvero poveri e ricchi solo di entusiasmo perfettamente al buio, per condividere in pieno la vita degli ultimi del pianeta, o come Clemente Vismara che a suon di lettere scritte nelle poche ore notturne in cui riusciva a liberarsi dal lavoro immenso al servizio dei sui orfani, cercava umilmente aiuti per un piatto di riso in più donando a noi, pieni ormai di pizze birre e pastasciutta, una inquietudine infinita e una consapevolezza sempre più forte di "dare la vita per i nostri amici" non più a parole o discussioni interminabili nelle nostri sedi parrocchiali o nelle assemblee studentesche, ma cercando la volontà di Dio nella nostra concreta storia personale. Questa ricerca sincera e appassionata fortemente vissuta grazie alla nostra giovinezza ci ha portato a fare le nostre scelte, a seguire cammini diversi nella vita, a vedere intorno a noi nascere tante nuove forme di vita cristiana che umilmente avevano solo lo scopo di ...provarci, pur essendo consapevoli che il Vangelo non era un libro da studiare o da imparare a memoria o da proclamare da chissà quale pulpito più o meno ipocrita, ma era fatica, erano lacrime, erano fallimenti, cadute e nuovi inizi, erano abbandoni e deviazioni tremende, frutto di interpretazioni ambigue e a volte drammaticamente anti umane e anti cristiane....in nome di Cristo! Questa ricerca non è mai finita nel mio cuore e nella mia vita anche quando, al Carmelo, poteva essere scontato di essere arrivata ad una stabile forma di vita o di sequela, agli occhi di chi stava al di là della grata! Non è mai finita perché lo Spirito non ha mai smesso di far battere nelle mie vene e nel mio cuore quella giovinezza che ancora oggi mi chiede e mi chiederà sempre: " di ascoltare cio che lo Spirito dice oggi alla chiesa!"
06/03/19
Tempo di semina
Oggi, all'uscita dal supermercato dove ero a fare un po di spesa, una mamma col suo bambino mi viene dietro mentre salgo in macchina e mi chiede:" scusi, posso chiederle una cosa?" , Si le rispondo, mi dica? "Scusi, volevo chiederle cos'è per lei che è suora, la felicità?"
Sorrido, sembra una domanda di routine, così, tanto per dire qualcosa o iniziare un rapporto, ma anche forse una richiesta di aiuto. Rispondo come posso, dicendole cosa è per me la felicità e mi accorgo che i suoi occhi e quelli del bambino che è accanto a lei e che avrà circa 7 anni, sono molto attenti e commossi. Capisco che dietro a quegli occhi e a quella domanda c'è molta sofferenza. Provo a seminare speranza e fiducia, colpita io stessa da questa occasione che mi capita di testimoniare la mia vita, fuori dal monastero, grazie all'abito che porto e che non passa certo inosservato, nonostante tutti in questo mondo siamo presi dalla più grande indifferenza o concentrati suoi nostri problemi. E forse anch'io lo ero in quel momento, tanto che ho risposto a quella domanda senza scendere dalla macchina, quasi a proteggermi da chissà quale pericolo e di cui poi mi sono vergognata. Forse non sono stata un modello di accoglienza anche se alla fine mi è sembrato di scorgere in quella mamma un senso di gratitudine e di serenità. Oggi, se potessi, vorrei far giungere queste parole di Papa Francesco al cuore i questa mamma e vorrei poterle dire che la felicità forse è anche in questo nostro chiedere con umiltà e fiducia al Signore, nonostante quanto abbiamo nel cuore,Venga il Tuo Regno.
Oggi Mercoledì delle Ceneri, all'udienza generale :
“Venga il tuo Regno!”. Seminiamo questa parola in mezzo ai nostri peccati e ai nostri fallimenti. Regaliamola alle persone sconfitte e piegate dalla vita, a chi ha assaporato più odio che amore, a chi ha vissuto giorni inutili senza mai capire il perché. Doniamola a coloro che hanno lottato per la giustizia, a tutti i martiri della storia, a chi ha concluso di aver combattuto per niente e che in questo mondo domina sempre il male. Sentiremo allora la preghiera del “Padre nostro” rispondere. Ripeterà per l’ennesima volta quelle parole di speranza, le stesse che lo Spirito ha posto a sigillo di tutte le Sacre Scritture: «“Sì, vengo presto!”. Amen. Vieni, Signore Gesù» Papa Francesco
Sorrido, sembra una domanda di routine, così, tanto per dire qualcosa o iniziare un rapporto, ma anche forse una richiesta di aiuto. Rispondo come posso, dicendole cosa è per me la felicità e mi accorgo che i suoi occhi e quelli del bambino che è accanto a lei e che avrà circa 7 anni, sono molto attenti e commossi. Capisco che dietro a quegli occhi e a quella domanda c'è molta sofferenza. Provo a seminare speranza e fiducia, colpita io stessa da questa occasione che mi capita di testimoniare la mia vita, fuori dal monastero, grazie all'abito che porto e che non passa certo inosservato, nonostante tutti in questo mondo siamo presi dalla più grande indifferenza o concentrati suoi nostri problemi. E forse anch'io lo ero in quel momento, tanto che ho risposto a quella domanda senza scendere dalla macchina, quasi a proteggermi da chissà quale pericolo e di cui poi mi sono vergognata. Forse non sono stata un modello di accoglienza anche se alla fine mi è sembrato di scorgere in quella mamma un senso di gratitudine e di serenità. Oggi, se potessi, vorrei far giungere queste parole di Papa Francesco al cuore i questa mamma e vorrei poterle dire che la felicità forse è anche in questo nostro chiedere con umiltà e fiducia al Signore, nonostante quanto abbiamo nel cuore,Venga il Tuo Regno.
Oggi Mercoledì delle Ceneri, all'udienza generale :
“Venga il tuo Regno!”. Seminiamo questa parola in mezzo ai nostri peccati e ai nostri fallimenti. Regaliamola alle persone sconfitte e piegate dalla vita, a chi ha assaporato più odio che amore, a chi ha vissuto giorni inutili senza mai capire il perché. Doniamola a coloro che hanno lottato per la giustizia, a tutti i martiri della storia, a chi ha concluso di aver combattuto per niente e che in questo mondo domina sempre il male. Sentiremo allora la preghiera del “Padre nostro” rispondere. Ripeterà per l’ennesima volta quelle parole di speranza, le stesse che lo Spirito ha posto a sigillo di tutte le Sacre Scritture: «“Sì, vengo presto!”. Amen. Vieni, Signore Gesù» Papa Francesco
04/03/19
La Passiflora: inizia la quaresima!
Questo splendido fiore chiamato generalmente il fiore della Passione del Signore è di una bellezza infinita. Nel nostro giardino avevamo lunghe siepi con queste piante per lo più attaccate alla recinzione metallica del pollaio dove crescevano tantissimo creando zone d'ombra durante l'estate di cui principalmente ne usufruivano le galline ma soprattutto riempiendosi di bocci pronti a sbocciare dopo la Pasqua, in tempo utile per quando nelle parrocchie vicine preparavano i tappetti fioriti lungo le strade e i parrocchiani venivano a richiederci questi fiori per adornare i loro lavori che sarebbero serviti per la processione del Santissimo Sacramento nel giorno del Corpus Domini. Erano molto richiesti per i loro colori e per la loro resistenza...in frigorifero e lungo la strada dove venivano messi. Oggi mi fa molto pensare questo fiore: la passione che ciascuno di noi vive nella sua vita o che vede vivere nella sua famiglia per una malattia, per un lutto improvviso, per un qualsiasi dramma economico o morale che si abbatte improvvisamente nelle nostra quotidianità non è mai una cosa bella da vedere e sopratutto da vivere e il più delle volte ci lascia schiacciati dal dolore, tanto da farci dire a volte anche a chi pensa di fidarsi di Dio o di avere una fede sconfinata in Lui: perché? Ci si sente davvero abbandonati a volte, il silenzio profondo e la solitudine che sentiamo nel cuore ci toglie la forza di godere della bellezza, che nonostante tutto, è presente intorno a noi e non è mai facile...lodare e ringraziare! Ma forse è in questi momenti che più che mai sentiamo che la quaresima non è un periodo dell'anno che la liturgia ci fa vivere in un certo periodo dell'anno, ma solo un aspetto del nostro esistere che per fortuna ci prepara alla resurrezione. Chiunque tu sia che per caso o per voglia leggi queste righe, ti chiedo: sosteniamoci a vicenda !Ciao!
28/02/19
Chiudere non sopprimere!
Alcuni anni fa, un uragano aveva messo in terra il nostro giardino e il nostro bosco: alberi secolari in pochi minuti, durante la notte, erano venuti giù come birilli lasciando nei nostri occhi e nel nostro cuore una sensazione di distruzione e di morte, incredule e sgomente per quanto era successo e per quanto rimaneva a pezzi davanti al nostro monastero, rimasto illeso insieme a noi, per puro dono di Dio. Non fu facile guardare per giorni e giorni quello spettacolo. Ma una certezza nasceva dentro di noi: non saremo andate via lasciando in quelle condizioni quell'angolo di paradiso che per più di 60 anni aveva custodito la nostra vocazione e quella di tante nostre sorelle. Con l'aiuto di tanta gente che ci amava e che amava questo luogo, in pochi mesi di nuovo tutto tornò in ordine e di nuovo il silenzio della natura continuava il suo corso e la gioia nel nostro cuore e la gratitudine scandivano i nostri giorni perché potevamo ancora contemplarlo e ringraziare il Signore per ogni istante che ci concedeva ancora di vivere tra quelle mura.
Poi un uragano inevitabile e ben più triste perchè definitivo ha cominciato a farsi strada nella nostra vita: diverse sorelle, una dopo l'altra, hanno raggiunto la Casa del Padre. In pochi anni siamo rimaste in tre! I Superiori, le nostre leggi e anche il buonsenso ci hanno fatto capire che l'unica strada possibile da percorrere era quella della Soppressione del Monastero. Brutta, bruttissima parola, che non vorresti mai pronunciare nemmeno per un fiore secco figuriamoci per una realtà così grande e bella come è quella della Vita Consacrata Contemplativa! Ma è l'unica parola che la Chiesa ufficiale usa per dire in poche righe che dal tal giorno x quel monastero ha finito di essere un monastero e non esiste più!
Ma è questa davvero la parola più significativa per dichiarare la fine di una vita? Sono passati tre mesi da quando le mie due sorelle ed io abbiamo lasciato la spazio fisico del nostro monastero, ma nel nostro cuore e nella nostra mente nulla sarà mai soppresso ma oggi più che mai è vivo e cammina con noi e dentro di noi.
26/02/19
Fuori dalle mura!
Sono passati 4 anni ed eccomi ormai fuori dalle mura del mio monastero.
Quelle che si vedono in foto sono le mura della città che mi accoglie ancora finchè non sarà conclusa definitivamente questa SOPPRESSIONE (come viene chiamata da un linguaggio ecclesiale e civile) una vita che ha visto vivere e morire decine di suore chiamate dal Signore per tantissimi anni a lodare e contemplare e ricercare la bellezza del suo Amore per noi.
Non mi piace piangere su qualcosa che ormai non ho più perché inevitabilmente nella nostra vita nulla è definitivo e tutto finisce prima o poi e quindi anche un monastero chiude e diventa qualcos'altro. Ma mi piace ricominciare sempre, mi piace continuare a raccontare la vita, mi piace continuare a condividere quello che ora è un essere " fuori " ma che resta ancora più "dentro" nel desiderio, nella sofferenza, nel sogno, nella speranza e sopratutto nella fiducia di essere e restare nelle Sue Mani in qualunque luogo o in qualunque stato io sia.
Per questo ricomincerò a scrivere. Ora ho tanto tempo per farlo! Ma questo tempo che vivo non resterà solo tra le mura di questa stanza che oggi mi accoglie. Uscirà da questo spazio che ho iniziato ad abitare tanti anni fa e che avevo un po' messo da parte ma che non ho mai dimenticato.
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