03/06/09

Che senso ha?

Oggi sento risuonare con forza questa domanda dentro di me e voglio provare a farla risuonare a voce alta qui sopra.
Sarà per il fatto che la sento fare spesso da chi non capisce la mia vita, sarà per il fatto che amo troppo i giovani e che mi fa male sentire sempre che si chiedono che senso ha vivere, che senso ha studiare, che senso ha amare qualcuno, che senso ha credere in Dio, nella chiesa, che senso ha costruire qualcosa che alla prima occasione cadrà in pezzi, sarà per tutto questo e per molto di più che alla fine ho pensato con forza al mio senso e così ho deciso di dire la mia opinione e la mia esperienza almeno per quel poco che posso e di affidarla a questo spazio amico.
Ieri pomeriggio, una nonna, una mamma con una sua amica e due splendidi gemellini nelle loro carrozzine, sono venute a fare due passi sulla strada del monastero. Arrivate sul piazzale della nostra chiesa, si sono sedute per riposarsi e hanno cominciato a parlare di noi...proprio sotto le nostre finestre, convinte chissà come e perché di non essere ascoltate. Ma non era così! Ed è stato molto interessante sentire le loro perplessità sulle monache e sulla clausura in generale. E la domanda più forte era proprio questa: che senso ha che stiano là dentro chiuse per tutta la vita??? Avrei voluto che suonassero il campanello del convento e che mi rivolgessero direttamente la domanda...ma non l'hanno fatto e dopo poco sono andate via!
Un'altra volta, una persona a me cara, che era venuta a trovarmi, ha detto ad altre persone che erano con lei che non avrebbe mai vissuto in monastero perché tutto questo silenzio le creava ansia, panico, che si sentiva oppressa anche a stare un paio d'ore nel parlatorio o nello spazio circondante il monastero all'esterno, che non capiva le grate e come io potessi stare la dietro per tutta la vita!
Anche in questo caso avrei voluto che la persona in questione mi dicesse direttamente queste cose, perché avrei potuto parlarle delle mie emozioni, dei miei sentimenti, della mia esperienza e forse avrei potuto far scemare un po' l'ansia che provava e rendere più disteso il suo soggiorno qui a casa nostra!Ma..non mi ha chiesto nulla ed io ho rispettato il suo stato d'animo e il suo silenzio.
Oggi sono andata indietro col tempo quando all' età di 16-17 anni cominciavo a chiedermi insieme a tante altre ragazze e ragazzi miei amici e coetanei, che senso volevo dare al mio vivere, che senso aveva il mio credere in qualcosa, amare e credere in qualcuno che poi ti avrebbe tradito prima o poi o quantomeno ti avrebbe deluso profondamente e per il quale avresti solo pianto e sofferto lasciandoti dentro una grande nausea , dato che intorno a te o più in là del tuo naso non mancavano esempi di fallimenti matrimoniali, di abbandoni delle scelte fatte nel sacerdozio o nella vita religiosa, di incoerenze, di disastri finanziari per avere creduto di realizzare dei sogni che la malavita organizzata avrebbe in poco tempo fatto crollare in pezzi! Allora, come ora, niente aveva senso se non ciò che era capace di darti un minimo indispensabile di gioia per andare avanti senza pensare ne al tuo ne all'altrui domani, sognando quell'isola che non c'era per non doverti sentire schiacciato dentro un altra isola nella quale passavi le tue giornate dall'alba al tramonto. Poi un giorno è successa una cosa che ha cambiato la mia vita: una domenica sera stavo andando a ballare con alcuni miei amici e abbiamo avuto un bruttissimo incidente. Siamo usciti illesi con danni immensi alle due macchine coinvolte. Io ero seduta davanti e allora non c'erano le cinghie obbligatorie. Quando ho messo i piedi fuori dalla macchina ho alzato gli occhi al cielo chiedendomi se ero in paradiso perché era impossibile che avessi solo un brutto bernoccolo sulla fronte e nient'altro che ...un cuore impazzito dalla paura. Da quel giorno ho trovato un senso unico per la mia vita! Vivere per ringraziare Dio e il mondo di avere ancora una vita da vivere tutta intera. Una vita per cantare, per amare, per lavorare, per correre e nuotare, una vita per guardare le partite di calcio della mia Inter amata fin dall'uso di ragione e per andare allo stadio con mio padre e mio fratello, una vita per andare a suonare la chitarra alla messa dei bambini o per suonarla solo per Pierpaolo che poteva sorridermi solo con gli occhi e non poteva nemmeno darmi un bacio perché era condannato a vivere sulla sedia a rotelle ed aveva solo 7 anni! Da quel giorno i miei rapporti più importanti sono cambiati: il mio senso unico aveva come unica ragione di vita la volontà di amare e non la pretesa di essere amata. Perché ogni qual volta riuscivo a farlo, mi sentivo la persona più felice del mondo! Era una ricetta semplice, alla portata di tutti, ma non avevo ancora capito profondamente quanto fosse essenziale per riempire la tua vita, giorno dopo giorno, di un bagaglio enorme di amici, di scoperte, di passioni, di emozioni grandissime, di cose piccole e grandi che hanno costruito la mia stessa vita e il mio cuore fino ad oggi. Ho scoperto il silenzio che mi regalava la pace, che mi faceva guardare dentro e mi faceva osservare quanto la creazione viveva intorno a me e mi trasmetteva la sua voglia di vivere ogni giorno più grande e più infinita.
continuerò a parlare ancora del mio senso unico...per ora ciao con amicizia a tutti voi che vi affacciate su questa finestra e una dedica speciale di gratitudine con questo post ad una splendida persona che oggi è andata in cielo dopo aver regalato la sua giovinezza ai suoi fratelli ultimi in Brasile! Grazie Maria Paola!

4 commenti:

  1. Grazie per aver condiviso la tua esperienza e per averci dato qualche luce in più.

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  2. continuerò a parlare ancora del mio senso unico..
    e io lo leggerò con gioia. Che grande testimonianza che ci ha dato. Mia nonna aveva una cugina, Suor Anna, madre badessa, nel locale monastero delle Clarisse e andavamo a farle visita. Ricordo il suo volto sereno e felice, dietro quelle sbarre. Chiedevo a nonna perchè le fosse impedito di uscire, come se ossero in prigione, e lei mi rassicurava che non era assolutamente una prigione ma una scelta ben precisa di donare la loro vita al Signore. Sai, carala mia curiosona, che pregano tanto per tutti e anche per noi? Io ricorderò sempre il volto di Suor Anna, il suo sguardo e il suo sorriso, mentre mi spettinava i capelli, e mi faceva baciare il Crocifisso del rosario prima di salutarmi. Ora che sono grandicella comprendo benissimo il perché della vostra vita di preghiera e di contemplazione nel silenzio. Io sono attratta dal Silenzio e dai luoghi dove posso trovarlo. Un grande aiuto per fare introspezione e ad entrare in relazione con il Signore.
    Un abbraccio in Cristo.
    diggiu

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  3. Continua a parlare ancora (e più spesso se ti è possibile) del senso che ha la tua, la vostra vita… apprezzata molto più di quanto si pensi…
    Grazie, M.Carmen, per questa tua comunione d'anima, così vera e sofferta…
    Avresti voluto che i tuoi interlocutori ti dicessero direttamente quello che pensavano e non semplicemente "sparlassero" di te, di voi.
    Ma, molto spesso non è così! È spontaneo allora chiedersi il senso delle cose, se non è capito. Ma il senso della nostra vita non ci viene dagli apprezzamenti delle persone che incontriamo o che ci conoscono; piuttosto percepiamo incomprensioni…
    È un sfida quotidiana!
    Che senso ha il tuo diaconato, mi sento spesso chiedere. Alle volte me lo chiedo anch'io, assieme a mia moglie. Perché, di fronte alle continue incomprensioni, non tanto delle persone estranee, ma di quelle che sono più "dentro", non c'è risposta. Ed una fitta ti trafisse l'anima… E ridici il tuo sì, più puro, meno condizionato da plausi umani, e, speriamo, più gradito a Colui a cui abbiamo dato tutto noi stessi. Il senso della nostra scelta di vita è tutto in Cielo. E solo in quella dimensione si vedono le cose nel loro vero essere: a noi far vedere e far sperimentare in Paradiso, già da quaggiù!
    Con sincera amicizia,
    Luigi

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  4. Carissima Maria Carmen,
    leggere il tuo blog è sempre un piacere. Penso che tu sia una persona molto intelligente, al di là della scelta di fede (e chi se ne importa, detto tra noi, se il grosso della gente non la capisce) che ti ha portato a vivere nel monastero. Mi hai fatto ripensare ai miei sedici anni e alle domande sul senso che in quel periodo mi avevano colta gettandomi nel panico più totale. Ieri ho scoperto che il nostro cervello arriva al suo massimo di sviluppo proprio in quegli anni dopodiché, se non lo coltivi, resti quel che sei riuscito a raggiungere nella tardo-adolescenza.
    Sai che cosa credo, Maria Carmen? Che a molti accada proprio così, ma non per colpa, spesso solo perché non hanno più stimoli né sanno dove andare a cercarli. In alcuni casi, invece, credo che la paura di guardarsi dentro vinca il desiderio di trovare un senso, qualunque esso sia. Il grosso di noi (mi ci metto anch'io in questo noi) ha paura della morte, non la capisce e non la vuole, e la nostra società di certo non ci aiuta ad accettarla. Basta accendere la tv per capirlo: anche le scene di guerra di cui tu parli nell'ultimo post ci passano davanti come fossero pezzi di film, mentre mangiamo, ma solo pochi si soffermano con reale partecipazione sulla disperazione di quelle madri che hanno perso un figlio, di quei ragazzini soldato che sembrano già vecchi. Forse a sedici anni, appunto, lo si fa ancora, ma dopo? Dopo c'è l'età adulta e il cinismo scambiato per maturità.
    Per tutti questi motivi, voglio ringraziarti di scrivere ancora sul tuo blog e anche della tua riservatezza (sai a che cosa mi riferisco).
    Un sorriso

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